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Scienza della cucina professionale: identificato il sesto gusto

29 Settembre 2016
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Uno studio della Oregon State University, pubblicato sulla rivista scientifica Chemical Senses, identifica un nuovo gusto fondamentale presente nel palato umano. È il sesto, che si aggiunge ai classici quattro (dolce, salato, amaro e aspro) e al più recente, chiamato Umami (la sensazione che genera il glutammato di sodio). Il nome ufficiale del sesto gusto è “starchy” (amidoso).

Nella cucina professionale questa suddivisione è particolarmente utile, perché consente di creare piatti sempre bilanciati e di destrutturare i piatti tradizionali senza perdere l’effetto complessivo che queste pietanze hanno sempre generato nel palato umano.

Gli scienziati alimentari e gli esperti di cucina professionale avevano sempre creduto che i carboidrati, essendo composti di base da zuccheri, fossero riconducibili al gusto del dolce. Lo studio della OSU dimostra invece che le catene complesse di carboidrati presenti nella pasta e nel pane generano un effetto chimico di nuovo tipo nel palato umano.

La procedura scientifica seguita dagli studiosi dell’OSU è interessante. Gli scienziati hanno chiesto ad alcuni volontari di concentrarsi e descrivere la sensazione che l’assunzione di amido chiaramente identificato generava nel loro palato. Dopo qualche tempo è stato ripetuto il test, ma con una variazione: l’assunzione da parte dei volontari di un inibitore dei recettori per il gusto dolce presenti sulla lingua.

La sorpresa è stata che anche in questo secondo test i volontari sono stati capaci di percepire i gusti “amidosi”, dimostrando così che la percezione dei due sapori non avveniva attraverso gli stessi recettori, ma seguiva un altro percorso. Dove si trovino i recettori, le cellule responsabili della decodifica di questo gusto, rimane ancora un mistero. Ragione per cui questo sesto gusto non è stato ancora omologato e deve affrontare la competizione con un paio di avversari davvero tosti.

I parametri necessari per ottenere l’omologazione scientifica del nuovo gusto sono infatti tre: essere percepito dalla gran parte dei volontari; saper generare una risposta emotiva o psicologica; riuscire ad identificare i recettori biologici che traducono il gusto e inviano l’informazione al cervello.

In pista per ottenere l’omologazione, oltre ad “amidoso”, ci sono anche l’oleogustus (il sentore del grasso) e un altro gusto dal nome giapponese, kokumi (ricco, sostanzioso).

Noialtri, se dovessimo fare il tifo per qualcuno, ci schiereremmo sicuramente per l’oleogustus. Per capire perché, è sufficiente che vi ricordiate l’ultima volta che avete lasciato squagliare sulla lingua una sottile fettina di lardo di Colonnata.

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Fonti: Nymag.com

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