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Vinitaly 2016, cinquant’anni spesi bene

21 Aprile 2016
Vinality
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Si è appena conclusa l’edizione numero 50 di Vinitaly e l’importante anniversario è stato festeggiato con un grande successo di visitatori e di espositori. I numeri non lasciano dubbi: 130.000 presenze in cinque giorni; 4100 espositori da 30 paesi; 100.000 metri quadrati netti espositivi.
Un successo che cavalca l’ottima salute del settore vinicolo italiano, che nel 2015 ha visto crescere le esportazioni del 6,5% arrivando a un fatturato di 5,4 miliardi di euro, di cui 1,8 miliardi verso il mercato cinese. L’edizione di Vinitaly 2016 è stata sicuramente la migliore di sempre, infatti gli organizzatori sono riusciti a risolvere alcuni annosi problemi tipici della kermesse veronese, vediamo i principali.

Il pubblico.

Va bene che ubriacarsi al Vinitaly non è affatto difficile, ma per fortuna quest’anno non si sono più visti quegli indecorosi spettacoli di gruppetti di ragazzi e adulti accasciati per terra alle cinque del pomeriggio. Risultato dovuto forse al prezzo del biglietto d’ingresso arrivato ad 80 euro che ha creato una migliore selezione all’ingresso.

Fivi+Vivit=Wow.

L’ottavo era il padiglione dei sogni erotici di ogni appassionato di vini e il fiore all’occhiello di Vinitaly 2016. Il vino nella purezza e nella semplicità, lasciando fuori dalla porta gli stand di design, le hostess pornostar e la caccia ai gadget. Un ritorno alle origini e alla vera natura dell’enologia regionale italiana che ha ottenuto un vasto apprezzamento da parte del pubblico e degli addetti ai lavori.

Il fuorifiera.

Finalmente si è vista un’integrazione reale tra Vinitaly e Verona. Una città tra le più belle d’Italia non aspettava altro che di essere valorizzata anche durante questa kermesse. Il palinsesto di eventi era sicuramente perfezionabile, ma già con questo format il risultato è stato raggiunto, e dalla prossima edizione in poi non si potrà che migliorare.

Su alcune cose invece c’è ancora da lavorare, nell’ordine:
– la qualità della ristorazione interna alla fiera (panini che si potevano scegliere solo in due gusti: cartone pressato o suola di gomma);
– il traffico in ingresso e in uscita dall’area della fiera (più che caotico si potrebbe dire proprio fermo);
– i prezzi dei locali e degli alberghi (la mentalità dello “Spenniamo il pollo subito!” resiste indefessa);
– i servizi igienici (ancora indegni di un paese civile, anche se leggermente meno disastrosi del passato).

Questa era un riassunto del meglio e del peggio di Vinitaly 2016. Speriamo che il prossimo anno andrà ancora meglio, perché siamo convinti che le potenzialità dell’enologia italiana siano ancora non pienamente sfruttate e comprese, sia all’estero che a casa nostra.

Fonti:
Slowfood.it/
Correttainformazione.it

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